sabato 23 gennaio 2010

Barcellona, Italia

La Repubblica
22-07-09, pagina 27 sezione R2

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Barcellona, Italia

OMERO CIAI

Non sono solo le Ramblas, né il Paseo de Gracia, i ghirigori della Sagrada Familia o il bacalao al pil-pil di Pepe Carvalho, che trascinano a Barcellona ogni anno nuovi residenti italiani e, dall' inizio di questo secolo, hanno trasformato la città di Gaudíe Mirò in un nuovo, e molto prossimo, Eldorado per i nostri connazionali. «È una questione di spirito, di attitudini», spiegava ieri su Le Monde un cuoco friulano che ha fatto fortuna nella capitale catalana: «Qui la gente è positiva e ha un modo unico di accogliere lo straniero». Il quotidiano francese ha scoperto che, dopo tanto parlarne, la comunità italiana quest' anno è diventata la prima tra gli stranieri residenti superando gli ecuadoriani, i pachistani e i boliviani. L' ultima spallata devono averla data la fuga di I b r a h i m o v i c dall' Inter di Moratti e il magnifico Barça di Pep Guardiola ma sta di fatto che gli italiani censiti a Barcellona sono diventati 22.685 e i nuovi arrivi crescono ad un ritmo del 15-20 percento annuo. Non solo: in tutta la regione, la Catalogna, vivono quasi 50mila nostri connazionali quando, meno di dieci anni, nel Duemila, erano appena 15mila. E sono cifre ufficiali, persone registrate, mentre, secondo le stime, potrebbero essere anche il doppio. A differenza di altre latitudini, dove spesso sono i pensionati a farla da padroni, gli italiani che arrivano in Catalogna sono, a maggioranza, giovani tra i 25 e i 40 anni, spesso neo-laureati, di solito delusi sia dalla situazione politica e sociale italiana, sia dall' assenza di occasioni professionali in patria. Non sempre la situazione che trovano è migliore ma evidentemente è più promettente o semplicemente diversa perché - i più giovani - dopotutto lavorano nella ristorazione, fanno i commessi nei negozi, passano le loro giornate nei call center. Lavori semplici, mal retribuiti, in condizioni contrattuali non necessariamente migliori ma con un altro "spirito", in una città dove evidentemente si "vive meglio". Da almeno una dozzina d' anni Barcellona va di moda e non solo come meta per organizzare una nuova vita non troppo lontano da casa. In realtà i ragazzi italiani la scelgono anche come destino turistico (dalle gite scolastiche, alle prime vacanze senza la famiglia) o come opportunità universitaria (un quarto degli studenti stranieri che arrivano a Barcellona con una Borsa di studio Erasmus sono italiani). Molto meglio di Madrid e per vari motivi. Sta in faccia al mare, è una città incantevole piena di piazzette e di fontane, è calda e non piove quasi mai, ed è capitale di una regione autonoma, la Catalogna, molto gelosa e fiera della sua diversità culturale e linguistica ma niente affatto intollerante o chiusa. Questa nuova "passione italiana", come scrive Le Monde, non s' è fermata neppure di fronte alla crisi. Qui la vita non è meno cara che in Italia e le occasioni di lavoro, negli ultimi tempi, sono le stesse, cioè poche. Ma, pensano al Consolato, la congiuntura economica può rallentare il ritmo non cambiarne la direzione: la comunità italiana a Barcellona è destinata a crescere ancora. Va anche detto però che l' aumento dei connazionali ha avuto una spinta anche dalla "Legge Tremaglia" che ha permesso a molti nipoti di italiani emigrati in America Latina di recuperare la nazionalità. Sono argentini, uruguayani, brasiliani, che poi si sono trasferiti in Spagna e ci sono rimasti sia per una questione di comodità dal punto di vista linguistico ma anche perché hanno avuto più facilità a trovare un lavoro. «Sono italiani (e fanno numero) - spiega a Le Monde il responsabile delle relazioni internazionali del Comune di Barcellona- ma di solito non hanno molti rapporti né con il resto della comunità, né con l' Italia». Ma Barcellona è anche un marchio, un logo che attira. Come dicono al Comune è la città mediterranea per eccellenza che grazie al dinamismo economico dell' ultimo decennio ha fatto da calamita per tanti giovani studenti europei e italiani che hanno trovato qui il loro primo lavoro o hanno avviato una professione. E magari sono diventati architetti, medici o fotografi. Gli italiani che amano questa città e vogliono viverci hanno anche un sito web (www.italianiabarcellona.com) dove si trovano tutte le informazioni importanti per chi ha voglia di trasferirsi, dalla ricerca della casaa quella del lavoro, dai luoghi da frequentare alla vita pratica, ai corsi di lingua. Infine Barcellona è la sua storia di città liberal, borghese ma socialista, di capitale antifascista di Spagna e, durante la guerra civile, di fortezza anarchica. Quella che difese e raccontò George Orwell. L' altra Spagna insomma che non ha nulla a che fare con l' arida Castiglia. Naturalmente non è tutto oro quel che luccica visto che in Catalogna e sulla Costa del Sol, tra Barcellona e Marbella, avrebbero trovato rifugio quasi il 70 percento dei capi della Camorra napoletana. Una emigrazione iniziata negli anni Ottanta e mai finita visto che, secondo i magistrati italiani, la Spagna non è per Cosa Nostra e per la ' Ndrangheta soltanto un luogo di rifugio dorato ma anche la piattaforma dalla quale controllano il traffico di droga destinato all' Europa. Un esempio recente è stato l' arresto di sei boss proprio a Marbella, la cittadina sul mare che in gergo la polizia spagnola ha soprannominato proprio «Cosa Nostra» per l' alta concentrazione di mafiosi italiani tra i residenti.