sabato 11 agosto 2012

Mariano Rajoy, la tragedia di un uomo in pericolo


Dopo due sconfitte consecutive contro Zapatero, era riuscito a prendere il potere: un plebiscito. Poi la doccia fredda: in pochi mesi la sua popolarità è crollata per la crisi. E già si parla di governo tecnico o di solidarietà

DAL NOSTRO INVIATO
OMERO CIAI



MADRID. Quattordici punti in percentuale in otto mesi. Gli ultimi sette, in un colpo solo, a luglio. Tanto - secondo i sondaggi - ha perso nel favore degli spagnoli Mariano Rajoy, dalla trionfale vittoria elettorale del 20 novembre 2011 ad oggi, nella tempesta di una crisi che fra banche (un buco da 100 miliardi di euro), aumento della disoccupazione (25 per cento), e spread (oltre i 550 punti), non accenna a placarsi.



Un crollo - dal 44,7 per cento della notte elettorale a poco più del 30 di queste settimane - che rischia non solo di polverizzare il ritorno al potere della destra spagnola otto anni dopo l'era di Aznar (1996-2004), ma ha già messo in crisi la leadership di Rajoy fra voci di governo tecnico o di patto nazionale se, alla fine, come tutti temono, la Spagna sarà costretta a consegnarsi alla Troika di Bruxelles e a chiedere el rescate, ossia il salvataggio, per evitare il default del suo debito e l'uscita dalla moneta unica con un prestito dal Fondo salva-Stati della Bce di oltre 300 miliardi di euro.



Otto mesi fa Rajoy, il Sopravvissuto (perché era riuscito a rimanere in sella alla testa del Partito popolare nonostante due sconfitte consecutive contro Zapatero, nel 2004 e nel 2008), non avrebbe potuto immaginare un'estate peggiore di quella che sta vivendo. Un agosto di fuoco nel quale dovrà rinunciare per la prima volta in trent'anni alle sue vacanze al mare - le fa sempre a Sanxenxo in Galizia - e ha ordinato ai ministri di "non allontanarsi troppo da Madrid" vietando loro di recarsi per turismo all'estero.



Un agosto in cui avrà tutto il tempo di rammaricarsi per aver vinto la Moncloa (la sede del governo) nella stagione più sventurata, adesso che tutte le sue caratteristiche, quelle che un anno fa sembravano qualità adatte all'epoca, si stanno trasformando in limiti, carenze, difetti.



L'attendismo, la moderazione, il pragmatismo e la resistenza del ciclista (il suo sport preferito) che lo hanno premiato quando doveva solo aver fiducia che l'avversario Zapatero prima o poi crollasse sotto il peso degli errori, oggi che il rivale non c'è più sono diventate lacune, perfino handicap.



L'immagine di Rajoy vacilla anche tra i suoi elettori perché, di fronte alla tormenta, ha preferito rifugiarsi nella strategia dello struzzo piuttosto che rivolgersi direttamente e con chiarezza al Paese. "Non aumenterò le tasse", ma poi ha dovuto aumentarle; "Non toccheremo l'Iva", ma poi ha dovuto farlo; "Non c'è alcuna necessità di salvare le nostre banche", ma invece c'era.



E così via in un crescendo secondo il quale oggi ogni spagnolo pensa che il governo farà il contrario di quel che dice pubblicamente. Tanto che quando qualche giorno fa la vicepresidente del governo, Soraya Sáenz de Santamaría, sfoggiando un luccicante paio di scarpe leopardate tacco dodici, ha detto in Parlamento che non c'era bisogno di alcun salvataggio anti spread, tutto il Paese ha tremato convinto che invece il default delle casse nazionali fosse ormai imminente.



Mariano Rajoy, galiziano di Santiago de Compostela, laureato in Giurisprudenza, 57 anni, due figli, in politica da quando aveva 24 anni, è un cattolico moderato con un progetto che gli ha permesso, nonostante i rovesci e gli avversari interni - nel Pp il suo grande antagonista è Esperanza Aguirre, la molto radicale governatrice della Comunidad (la regione) di Madrid - , di restare alla guida del partito: trascinarlo il più possibile verso il centro dello spettro politico.



Lui sta a destra, ma ricorda sempre che suo nonno, docente universitario, fu antifranchista e perse la cattedra per criticare la dittatura, e che quand'era il braccio destro di José María Aznar negli anni Novanta s'impegnò per allontanare dalle file dei Popolari i notabili più compromessi con il passato franchista.



L'asse del suo fare politico - che irrita tanto la Aguirre e non solo - è il basso profilo. Come spiega un marianista (da Mariano, sono i membri della sua corrente nel Pp), "Rajoy è convinto che in condizioni di eguaglianza, la sinistra vince in Spagna perché è sociologicamente maggioritaria". "Noi" aggiunge "possiamo vincere solo se l'altra parte smobilita e riusciamo ad attirarne un po' verso il centro.



Se l'elettorato di sinistra va alle urne compatto e in massa, come nel 2004 e nel 2008, perdiamo. Per questo Mariano non alza mai il tono, neppure quando vince. Non bisogna spaventare la sinistra". È la strategia che ha permesso a Rajoy di conquistare, vincendo le amministrative, 14 Comunidad su 17 (tranne la Catalogna, l'Andalusia e i Paesi Baschi) e poi una storica maggioranza assoluta (186 seggi) alle politiche generali dell'anno scorso.



Ma la crisi che dal Portogallo all'Italia, alla Grecia, alla Francia, ha cambiato i volti del potere in mezza Europa, in Spagna rischia di fare il bis: dopo i socialisti di Zapatero e Rubalcaba, anche i Popolari di Rajoy. Mariano è un uomo tranquillo, dai gusti classici, che tutta la settimana sogna la sua domenica pomeriggio in famiglia con il caffè, un bicchiere di liquore, un sigaro cubano (l'unico vizio conosciuto) e la partita del Real Madrid o della squadra della sua adolescenza, il Pontevedra.



Ascolta con piacere la radio, mangia la paella e la frittata di patate (la tortilla spagnola) ma rigorosamente senza cipolla. Un tipo che avrebbe voluto arrivare al potere senza che nessuno se ne accorgesse. Occultandosi. Soprattutto alla stampa con la quale ormai ha rotto ogni rapporto e sono mesi che non concede un'intervista o una conferenza stampa.



Quando è arrivato alla guida del governo, nei giorni di Natale dell'anno scorso, ha formato un esecutivo pieno di donne del suo staff e di ministri amici perché - dicono - è molto diffidente. Poi ha sperato nei vecchi rapporti del Pp con la Democrazia Cristiana tedesca per avere un trattamento privilegiato dalla Merkel, e soprattutto dalla Bundesbank. Tutto inutile.



Con Angela pare che ormai si scambi i saluti con difficoltà. Così ha regalato alla Spagna la manovra economica più dura che un governo abbia dovuto mai affrontare dal ritorno della democrazia, ed ha scelto l'unica agenda che conosce: "Resistere!". Come ha scritto Carlos Cué, uno dei migliori giornalisti politici spagnoli, "resistenza è la parola chiave di tutti quelli che gli stanno intorno.



Non azione, né vittoria, né ambizione, né decisione, né attacco. Resistenza. Quando uno chiede come sta il leader, la risposta è quasi sempre la stessa: tranquillo. E quando la pressione esplode nulla cambia: "Mariano è tranquillo, sopportando l'acquazzone, è esperto di queste circostanze, le conosce, sa bene che ogni cosa passa, lui sempre risorge dopo una tempesta".



© Riproduzione riservata (10 agosto 2012)