venerdì 3 maggio 2013

Le duellanti (il Venerdì 3 maggio 2013)


BUENOS AIRES. Nelle ore libere, quando viaggia per lavoro, Dilma Rousseff si tuffa nei musei; Cristina Kirchner, invece, corre a fare shopping. A Dilma piacciono le opere liriche, Caravaggio e Dostoevskij; a Cristina semplicemente non indossare mai due volte lo stesso vestito. Dilma divora libri, Cristina collane e gioielli. Dilma è pragmatica, Cristina è retorica. La prima è presidente del Brasile da poco più di due anni e gode di una straordinaria popolarità, il 78 per cento; la seconda guida l’Argentina dal 2008 ma ormai l’appoggia meno del 30 percento degli elettori. Dilma e Cristina si incontrano ogni tre o quattro mesi nei bilaterali periodici di due Paesi confi- nanti. All’inizio Dilma si divertiva moltissimo negli incontri con Cristina e sosteneva che fossero incredibili. La prima volta disse al ministro degli esteri, Antonio Patriota: «È andata benissimo, ha parlato solo lei e dopo dieci minuti s’è  messa in testa di spiegarmi il Brasile». Ma ora, da quando la Kirchner ha scelto la via autarchica restringendo gli scambi mercantili con Brasilia, le loro relazioni sono più ruvide e il duello a tut- to campo. L’attivo della bilancia com- merciale a favore del Brasile è crollato dai 6 miliardi di dollari del 2011 agli 1,5 del 2012 e le grandi imprese verdeoro disinvestono o rivedono i loro progetti di sviluppo nel Paese vicino. In un continente spostato quasi tutto a sinistra, Dilma e Cristina sono diventate anche nemiche ideologiche. L’Argentina fa asse con la tendenza iperpopulista del post- chavismo in Venezuela ed è invidiosa e sospettosa verso la nuova centralità geopolitica del Brasile che ha ormai sostituito in America Latina, come nuova potenza emergente, l’egemonia culturale, economica e politica che in altri tempi appartenne a Washington.

Dilma lavora moltissimo. È precisa, attenta, organizzata, impeccabile. Cristina arriva sempre in ritardo. È arrogante con i partner politici e si dimentica gli appuntamenti, anche quelli con i capi di Stato stranieri. In economia Dilma ap- plica le regole del mercato e combatte l’inflazione; Cristina la nasconde, tanto che l’Economist ormai da tempo si rifiu- ta di pubblicare i dati ufficiali taroccati di Buenos Aires, e Christine Lagarde, se- gretario Fmi, li ha sconfessati più volte. La Rousseff ha affrontato la piaga endemica della corruzione in Brasile licenziando sette ministri indagati, tutti ere- ditati dai governi di Lula, in due anni. Pa- ga le cene di lavoro con la sua carta di credito personale e costringe i ministri che l’accompagnano a dividere il conto. La Kirchner fa quadrato se uno dei suoi collaboratori finisce sotto la lente d’ingrandimento di un magistrato e lo difende attaccando pubblicamente giudici e tribunali. Dilma è liberal, Cristina è autoritaria. Una prova evidente è la sua battaglia contro stampa e tv. La presidenta brasiliana è felice quando concede conferenze stampa, Cristina non lo fa mai, usa soltanto gli interventi in catena, contemporanea- mente su tutti i canali televisivi, per affermare senza contraddittorio quel che vuole. Dilma ama la radio e tutti i lunedì risponde alle domande in un programma molto seguìto. Cristina odia i giornalisti e li fugge come la peste. Per aggredire il potere dei mass media privati in Argentina ha fatto una legge cercando di limitarne il peso. E quando hanno chiesto a Dilma cosa ne pensasse delle norme sul- la stampa in Argentina, ha risposto che l’unico controllo sull’informazione che condivide e conosce è quello del telecomando della sua tv.

Cristina è vedova, Dilma è divorziata e single. Ma anche nelle faccende più personali le due donne dell’America La- tina non potrebbero essere più diverse. Cristina è milionaria. È diventata ricca con le speculazioni immobiliari in Pata- gonia, dove suo marito, l’ex presidente Nestor morto nel 2010, era governatore regionale. Vive con i due figli, Máximo e Florencia, nella vasta fattoria della resi- denza presidenziale di Olivos. Dilma ri- siede in un palazzo molto più austero, quello della Alvorada alla periferia di Brasilia, disegnato da Oscar Niemeyer negli anni Cinquanta, con la mamma Dil- ma Jane e la zia Arilda. Nei weekend ar- rivano la figlia Paula con il nipotino Ga- briel, due anni e mezzo, e l’ex marito Car- los Araújo con la sua nuova compagna. Il soprannome di Dilma è Giovanna d’Ar- co, perché così la chiamavano durante la dittatura quando giovanissima entrò in un gruppo guerrigliero, venne arrestata e torturata, e rimase in carcere per due anni con il solo sollievo – ha ricordato una sua amica – del tango-jazz di Astor Piazzolla.

Cristina invece è diventata Evita-Bo- tox, per le numerose citazioni dell’icona peronista Eva Perón nei suoi discorsi e i ripetuti interventi di chirurgia plastica al viso. Anche nella scelta dei collabora- tori non potrebbero essere più distanti. Dilma s’è circondata di donne nel suo staff. Al vertice del potere c’è un trium- virato tutto al femminile formato dalla stessa presidente, da Gleisi Hoffman, suo capo gabinetto, e da Ideli Salvati, mini- stro per le relazioni istituzionali. Poi nel governo ci sono altri otto ministri donne. E donne Dilma ha nominato sul- le poltrone più importanti dell’ammini- strazione pubblica, come Maria das Graças Foster oggi numero uno di Petrobras, il gigante petrolifero brasiliano. Cristina al contrario si circonda di uomini. E se- condo un libro appena uscito a Buenos Aires, alcuni di loro sono stati o sono suoi amanti. Cosa che li farebbe salire o scen- dere, a seconda dei capricci della presidenta, nella scala del potere. Si spiegherebbero così alcune improvvise e meteoriche carriere.
Entrambe sono arrivate al seggio più alto grazie a un uomo. Ma mentre Cri- stina è stata di fatto un’alternativa co- niugale, Dilma è stata scelta per le sue capacità e la sua preparazione. Così se la prima è sentimentale e iperbolica, la seconda è formale e pragmatica. Dilma ha 65 anni, Cristina 60. Il mandato per tutte e due scade nel 2015. La brasilia- na potrebbe continuare guidando il suo Paese nel doppio appuntamento inter- nazionale che ospiterà. Prima i mondia- li di calcio del prossimo anno, poi le Olimpiadi del 2016. L’ex presidente Lu- la ha già annunciato che tornerebbe in pista solo se sarà Dilma a rinunciare al- la possibilità di una rielezione. In Ar- gentina la Kirchner ha dapprima provato la strada di una modifica costituzionale per potersi ripresentare, poi ha esaminato l’ipotesi di lanciare una candidatura di suo figlio Máximo. Ma, secondo i sondaggi, le elezioni parlamentari del prossimo ottobre dovrebbero cancellare ogni sua aspirazione a perpetuarsi. In ogni caso il futuro della democrazia in America Latina dipenderà anche dalla supremazia di un modello sull’altro. Una sinistra arcaica, populista, e anche totalitaria, come l’immaginava Hugo Chávez; oppure un’altra, liberale e prag-matica. Dilma o Cristina?
Omero Ciai