sabato 28 maggio 2016

Vecchie ruggini e no al liberismo il gelo di Bergoglio che preoccupa Macri (Repubblica 27 maggio 2016)

DAL NOSTRO INVIATO


BUENOS AIRES.
In Argentina si sono convinti che il neo presidente, Mauricio Macri, non piaccia molto a Papa Francesco. Tanto che anche un'udienza, a suo modo storica, come quella che si svolgerà oggi nella residenza privata di Santa Marta con la presidente delle "Madri di piazza di Maggio", Hebe de Bonafini, viene letta come un segnale sfavorevole. Le presunte divergenze con Macri e l'incontro con Hebe, simbolo storico delle vittime della dittatura militare, non possono essere messi sullo stesso piano. Ma a Buenos Aires si nota come Papa Francesco «continui a ricevere personalità molto vicine all'ex presidente Cristina Kirchner», come è stata, nell'ultimo decennio, anche Hebe de Bonafini. Il tutto nasce dalla sorpresa che provocò in Argentina la sensazione di freddezza del primo e unico faccia a faccia a Roma tra l'ex arcivescovo della capitale, da tre anni Papa, e Macri, alla fine di febbraio. E che ora si riverbera sulle difficoltà politiche dei primi mesi del nuovo governo. La terapia shock in economia, adottata subito dal nuovo presidente, con la svalutazione della moneta locale, l'impennata dei prezzi, e il taglio, per ragioni di bilancio, di molti sussidi governativi ai servizi di base (luce, gas, trasporti), hanno causato un'ondata di malcontento soprattutto nei settori più poveri della popolazione. Così i segnali che vengono da Roma sono letti anche come una critica alle scelte del nuovo governo. E sono osservati con preoccupazione nelle stanze della Casa Rosada, la sede della presidenza. Ad ammettere le difficoltà ci ha pensato l'altro ieri la vicepresidente del governo argentino, Gabriela Michetti, riconoscendo che tra Buenos Aires e Roma «c'è distanza nella comprensione del progetto politico ». «Non voglio dire - ha sottolineato la vice di Macri - che il Santo Padre non comprenda il nostro progetto politico, ma che forse non abbiamo potuto raccontargli bene verso dove vogliamo andare». «È necessaria - ha concluso - una chiacchierata, chiara e profonda, nella quale il presidente possa spiegare a Papa Francesco come pensa di risollevare il Paese».
Poche ore prima di questa dichiarazione, il cardinale Mario Poli, arcivescovo di Buenos Aires, aveva celebrato il Tedeum con un discorso, «dai forti accenti sociali», nel quale chiedeva un tavolo di negoziato tra governo, opposizione e sindacati, e una strategia politica più attenta verso i poveri. Recessione e inflazione, che Macri ha ereditato dagli ultimi anni della Kirchner, sono però peggiorati con la terapia shock e il 30% degli argentini vivono oggi al di sotto della cosiddetta linea di povertà. Un dato che preoccupa la Chiesa, poco persuasa dai discorsi del governo quando assicura che le sue scelte economiche garantiranno la ripresa nei prossimi mesi.
Per questo i gesti di Roma vengono tradotti e piegati nella politica locale. D'altra parte lo scarso entusiasmo di Bergoglio verso il presidente Macri viene da lontano e risale ai tempi in cui il primo era arcivescovo della capitale e il secondo era sindaco. Una questione di feeling divenuta evidente nel primo incontro del febbraio scorso, dopo il quale i giornali argentini iniziarono a parlare di una "Santa crepa", i dissapori che dividerebbero il Santo Padre dal nuovo leader del governo argentino. Una lista corposa, secondo alcuni. Intanto perché Macri, quando si recò a Roma, sperava di ottenere dal Papa una data per il suo primo viaggio pastorale in Argentina, paese di entrambi, che Francesco lasciò quando era ancora il vescovo Bergoglio e nel quale non è ancora tornato. La visita, ipotizzata per quest'anno è invece ancora rinviata, magari proprio perché l'ambiente, politico e sociale, è inquieto. Poi tanti episodi apparentemente minori. Come le note simpatie di Macri per la religione buddista. O le accuse a Juliana Awada, la moglie di Macri, criticata perché avrebbe utilizzato, nella sua azienda di tessuti, la collaborazione di laboratori clandestini con condizioni di lavoro considerate "schiaviste". In realtà, com'è stato evidente dall'omelia del cardinale Poli, la Chiesa teme che le politiche liberiste di Macri finiranno per favorire le diseguaglianze, invece di arginarle, in un Paese che ha ancora molti debiti con la parte più povera della sua popolazione. E forse la pensa così anche il Papa.
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