DAL NOSTRO INVIATO
OMERO CIAI
L'AVANA. Dalla terrazza dell'hotel Saratoga si domina, a
perdita d'occhio, tutta la capitale di Cuba. Fra la spuma bianca di una piña colada e il profumo della
hierba buena di un mojito, avvocati e consulenti finanziari
americani, si riposano sulle sdraio di tela chiara osservando lo spettacolo del
Sole che tramonta dietro la cupola bianca del Capitolio. Confusi tra qualche
ricco pensionato canadese in gita primaverile e quattro giovanotti newyorchesi
in vacanza, sono loro i nuovi procacciatori d'affari sbarcati sull'isola
proibita per avviare la nuova era delle relazioni fra Washington e l'Avana che
il presidente Barack Obama s'appresta a sigillare con la storica visita che
inizierà domani. Affari, per ora, pochi, cocktail caraibici numerosi. Ma da
quando vi hanno alloggiato il segretario di Stato John Kerry, Paris Hilton e Beyoncé,
questo vecchio e fastoso albergo, completamente ristrutturato dieci anni fa, è
diventato uno dei luoghi preferiti dagli americani. Stanze da 400 dollari
minimo e proprietà Habaguanex, una delle aziende turistiche del governo cubano,
ai margini dello spettacolare centro coloniale dell'Havana Vieja. Lo stesso che assaltano come stormi d'uccelli
curiosi centinaia di turisti che in questi giorni si spintonano fra le pietre
della piazza della Cattedrale e la struggente bellezza dei portici della Plaza
Vieja. L'Avana è di moda. E' al centro del mondo con i suoi alberghi che da
mesi non hanno più una stanza disponibile e i nuovi visitatori costretti a
saggiare gli standard delle "casas particulares", i bed and breakfast
privati, che sorgono ovunque per
soddisfare le richieste di alloggio. E la città si offre ai suoi nuovi amanti
con i suoi storici gioielli da Luna Park. La "Bodeguita del Medio",
dove s'ubriacava Hemingway; il Floridita, altro bar dello scrittore;
"l'Ambos Mundo", il suo primo albergo che conserva religiosamente una
stanza dove visse. E i ritratti di Che Guevara, le magliette, gli adesivi, le
cartoline postali, le borse. Il guerrigliero eroico in ogni dove. E i sigari. E
il rum. E il Museo della rivoluzione.
Il nuclueo antico dell'Avana splende di lavori in corso e
attende nuovi padroni per riconquistare colori. Sugli edifici sbrecciati e
polverosi tanti cartelli bianchi e rossi scritti a mano: "Se vende"
(in vendita). Ma la procedura resta complessa: gli stranieri non possono
investire negli immobili, l'eventuale compravendita è privilegio dei cubani.
Così chi investe non appare, si fida di un prestanome locale. L'affare adesso sono
i piccoli alberghi, molto trendy per clienti ricchi ed esclusivi. Un impreditore italiano che vive qui da anni
ci porta in una stradina chiusa dietro la cattedrale e ci mostra quello che sta
succedendo. In fondo alla via c'è Doña Eutimia, un ristorante privato
specializzato in cucina criolla che già da tempo s'è conquistato un posto sulle
guide turistiche. Sei mesi fa non c'era altro. Oggi ci sono altri cinque
ristoranti che fanno concorrenza al più famoso, con tanto di buttadentro.
L'esplosione del turismo e le timide aperture all'iniziativa privata stanno
cambiando il paesaggio cittadino. Promuovendo quel che sperava Obama quando ha
accettato la riconciliazione senza chiedere nulla in cambio al regime
castrista. La nascita di quella classe media che, dopo quasi sessant'anni d'uniformità
socialista, prima o poi reclamerà diritti.
Perfino gli "almendrones" ( i "mandorloni")
sembrano risorti. Si chiamano popolarmente così a Cuba le vecchie macchine
ancora in vita di prima della rivoluzione, Buick e Chevrolet. Rimetterli su strada per la gioia dei turisti
è un altro degli affari di questi mesi. I dollari per l'operazione arrivano dai
parenti di Miami, quelli della diaspora cubana dall'altra parte dello Stretto
della Florida. E' il flusso delle
rimesse che aumenta e i cubano americani che iniziano a investire timidamente
sui piccoli commerci dei loro familiari sull'isola, scommettendo sul
cambiamento. La settimana che si apre con l'arrivo di Obama, si chiuderà con il
primo concerto, gratuito, dei Rolling Stones. Ma non tutti guardano senza
timori alla pace con gli Stati Uniti. Per esempio, Rey. Un ragazzo che ricorda
come a scuola gli abbiano spiegato che l'ultimo americano visto a Cuba prima di
Barack e Michelle Obama si chiamava Meyer Lansky, era un luogotenente di Lucky
Luciano, e insieme a Batista voleva trasformare Cuba nel resort della mafia.
Mambo, prostitute e casinò. Marta invece
è piena di speranze. In fila da Coppelia, la gelateria voluta da Fidel Castro
nei giardini del Vedado, dove la incontriamo, ricorda i suoi anni da "Gloria
dello sport". Era ginnasta e grazie al suo talento ha avuto una vita
agevolata. Nessun doganiere, racconta, si permetteva di ficcare il naso nelle
valige di uno sportivo quando andava a gareggiare all'estero. Così lei le
riempiva di sigari e rum che rivendeva e tornava a casa con leccornie
occidentali per tutta la famiglia. Oggi, a 62 anni, pulisce le stanze di una
"casa particular" e il suo fragile benessere dipende dal turismo.
Alla vigilia dell'evento - Obama è il primo presidente degli Stati Uniti che
visita l'Avana dopo quasi un secolo - i cubani si divertono a scoprire dove
andrà seguendo gli operai che asfaltano le strade e riverniciano i palazzi.
Il percorso, rimesso a nuovo, l'hanno già battezzato "via Obama". E lui, il presidente a stelle e strisce, è
diventato "Santo Obama" perché il suo arrivo ha fatto scomparire le
buche nelle strade.
Subito dopo c'è un altro appuntamento che potrebbe avere
conseguenze sul futuro di Cuba. Il 15 aprile si apre il VII Congresso del Pcc,
il partito comunista cubano. E sarà anche l'ultima assise con Raúl Castro al
potere. Il fratello minore di Fidel, che compirà 85 anni a giugno, ha promesso
che si ritirerà nel febbraio del 2018. Le manovre per la successione
inizieranno al Congresso dove si dovrà decidere anche in che forme avverrà.
L'attuale vicepresidente, per la prima volta, non è un Castro. Si chiama Miguel
Diaz-Canel, 55 anni, designato da Raúl nel 2013. Ma i due veri "uomini
forti" della leadership di regime sono suoi parenti. Il generale Luis
Alberto Rodriguez Lopez-Callejas è suo genero e controlla Gaesa, l'holding
delle Forze Armate. Alejandro Castro Espin è suo figlio, e guida
l'intelligence. C'è chi spera che la successione a Raúl possa avvenire
attraverso una consultazione più larga che coinvolga in qualche modo anche i
cittadini e non solo i 14 membri - otto sono militari - del Burò politico del
partito. Ma, per ora, sembrano illusioni, visto che il governo cubano ripete
che non ha concessioni da fare alla pax americana né sul piano dei diritti
civili, né su quello dei diritti umani. Chi non ci sta, oggi emigra più
facilmente. Qualcuno, ed è un fenomeno nuovo, perfino torna nella speranza che
le aperture vadano lentamente consolidandosi con una nuova politica economica.
Ma i più smaliziati fanno notare che, fatte le debite proporzioni, a Cuba
stanno nascendo dei mini oligarchi come nei mesi burrascosi della fine dell'Urss. La maggior parte degli affari del
turismo sono in mano alle aziende di Stato e per aprire un bar o un ristorante
in una zona privilegiata bisogna essere molto vicini alla nomenclatura.