sabato 5 luglio 2014

Cristina e il culto della personalità di Nestor (il Venerdì di Rep 27 giugno 2014)

Nestor Kirchner abbraccia Hebe de Bonafini dopo l'abolizione delle leggi di indulto
e amnistia per i crimini commessi dalle Forze armate durante la dittatura (1976-83)


Una piazzetta, un ponte, un torneo di calcetto. Poi viali, scuole, aeroporti, centri sportivi, facoltà, stazioni, musei, teatri, parchi, sale congressi, ambulatori, ospedali. Persino fabbriche. La febbre per rendere omaggio all'ex presidente Nestor Kirchner, il marito della presidente Cristina, morto d'infarto a sessant'anni nel 2010, s'è ormai impossessata dell'Argentina e contagia ogni luogo del Paese. Dovunque scoprono busti, ritratti, statue e gli intitolano qualcosa. Nell'hotel Santa Cruz a Rio Gallegos, in Patagonia, hanno chiamato "Nestor Kirchner" addirittura la saletta della pausa caffé. Migliaia di chilomentri più sù, a Misiones, l'ultima provincia del nord argentino incastrata fra il Paraguay e il Brasile, gli hanno intitolato un intero quartiere, una linea di autobus, e un commissariato. Vicino a Buenos Aires anche una mensa scolastica e una biblioteca sono dedicate al ricordo del defunto presidente. Il culto della personalità nel peronismo, il movimento politico che domina la scena argentina da quasi settant'anni, non è un fenomeno nuovo. Ma finora era circoscritto al generale Perón e soprattutto alla sua seconda moglie, Evita, morta giovanissima a 33 anni nel 1952. Con Nestor ha rotto gli argini tanto da offuscare la memoria del padre fondatore e germogliare un nuovo inizio: il "neoperonismo" di Cristina.

Sindaco di Rio Gallegos e poi governatore della regione di Santa Cruz, nell'estremo sud del Paese, Nestor Kirchner è stato in Argentina il presidente della resurrezione dopo la bancarotta nazionale del 2001. Vinse le elezioni nel 2003, marcate da una battaglia aperta tra le varie anime del peronismo, superando al primo turno l'ex presidente Carlos Memen che si ritirò evitando di affrontarlo al ballottaggio. Quattro anni dopo, nel 2007, nonostante fosse molto popolare e senza avversari per ottenere un secondo mandato, lasciò per dare spazio a sua moglie Cristina.  Il progetto della coppia era semplice: alternarsi negli uffici della Casa Rosada, sede della presidenza a Buenos Aires, ogni quattro anni e rimanerci il più a lungo possibile, aggirando la Costituzione che vieta più di due mandati presidenziali consecutivi. La morte prematura di Nestor cancellò il disegno ma favorì la rielezione della vedova che, nel 2011, stravinse parlando soprattutto del consorte che non c'era più.  "L'Argentina - ha scritto Sylvina Wagner, giornalista e biografa non ufficiale dei Kirchner - ha plasmato, come la maggior parte dell'America Latina, il suo carattere sulla base del melodramma. Con Cristina, dopo molti anni, l'Argentina ha recuperato la sua impronta melodrammatica come ai tempi di Evita Duarte".

Per gli argentini Nestor è stato un modello. Gli ha restituito l'orgoglio quando erano una nazione ferita. Litigando con tutti. Dal Fondo monetario ai creditori. E poi con Bush figlio e con le aziende spagnole. Con i vicini, dall'Uruguay al Brasile. Mostrando una presunzione che spesso sconfinava nella pura superbia. Ma soprattutto Nestor  ha avuto la fortuna di montare in sella all'onda della ripresa economica, assicurata, per un paese esportatore di materie prime come l'Argentina, dalla grande svalutazione monetaria post bancarotta e dalla vorace domanda cinese di grano e soia.  Cristina ha creato il mito di Nestor con diligenza e impegno per poter governare. Nestor che reinventa il peronismo di sinistra e abolisce l'indulto ai militari della dittutura, Nestor che combatte contro le banche straniere e le costringe ad accettare un taglio del 70 percento sul debito estero dell'Argentina, Nestor che sbatte la porta in faccia al Fmi, Nestor anti imperialista, Nestor superman. Tante cose sono vere, altre meno. Fatto sta che oggi Nestor è l'unico leader peronista defunto ad avere un possente mausoleo tutto suo. A Rio Gallegos dove nacque. Un monumento grigio in pietra patagonica, cemento e granito, alto undici metri e largo sedici, di due piani con cupola. Le spoglie di Domingo Perón, presidente dell'Argentina dal 1946 al '55 e fondatore del peronismo, riposano in forma molto più discreta in una villa di campagna a 40 chilometri da Buenos Aires. Da anni si parla di costruirgli un mausoleo ma poi non se ne fa mai nulla. Quelle di Evita, la popolarissima Evita, stanno in un modesto pantheon familiare nel cimitero della Recoleta, nel centro di Buenos Aires. Nestor, invece, è ormai dovunque. La frenesia del ricordo è tale che un giornalista del "Clarin", per prendere in giro tutti gli omaggi alla memoria che si moltiplicano nel Paese, ha messo in rete un blog dove raccoglie le foto di tutte le inaugurazioni di luoghi dedicati al marito di Cristina.

Nei piani di Cristina Kirchner la fondazione del mito avrebbe dovuto avanzare insieme alla campagna per la sua seconda rielezione, proibita dalla Costituzione. E' andata male. Prima un gran nemico, suo e di suo marito, è addirittura diventato Papa. Poi alle elezioni legislative l'anno scorso hanno vinto i suoi avversari, tutti peronisti, da Sergio Massa a Daniel Scioli. E oggi Cristina sta entrando nel suo ultimo anno di presidenza. Mestamente. Con i presagi di una nuova crisi del debito alle porte. Ma è difficile che, lasciata la Casa Rosada, si limiterà a fare la nonna. Chi la sostituirà dovrà, più o meno apertamente, ottenere il suo appoggio. Apparentemente da qualche tempo le chiavi della politica argentina sono state trasferite a Roma, in Vaticano, nelle stanze di Papa Francesco. Non c'è politico che non chieda udienza, sostegno, benedizione al Papa argentino. Ma Cristina è tosta. E caparbiamente continua a inaugurare ossequi a Nestor in ogni angoletto del Paese. Lei e Lui, leader inossidabili del neoperonismo.