Marcos può togliersi il passamontagna, non è più un
ricercato. Per la giustizia messicana i reati di cui venne incriminato
all'inizio del 1994, durante la rivolta degli indios del Chiapas, sono
prescritti e lui è libero da ogni accusa. Ma forse non se lo toglierà il famoso
passamontagna nero. Marcos ha sempre spiegato che lui e i militanti zapatisti non
lo indossarono per non essere riconoscibili ma per l'esatto contrario:
occultando il volto, nella società delle immagini, diventavano visibili. E fu
quello che accadde, l'uomo del passamontagna diventò una star internazionale,
il nuovo Che Guevara che aveva lasciato un tranquillo incarico di professore di
filosofia all'Università di Città del Messico per confondersi con i più poveri,
con gli indios del Chiapas, nell'estremo sud del Paese, nella foresta al
confine con il Guatemala. Ad elevarlo nel ruolo di eroe della sinistra ci pensò
subito un'eretica appassionata come Danielle Mitterrand, la vedova dell'ex
Presidente francese, che per prima aprì il pellegrinaggio degli intellettuali
europei alla corte del nuovo messia. Quando nel '96, di ritorno a Parigi,
chiesero a Danielle cosa c'era sotto il passamontagna rispose: "Il mistero
deve restare intatto, e essere rispettato. L'identità dell'uomo sotto la
maschera chiamato Marcos non ha importanza: qualunque cosa accada resterà
sempre vivo". E la moda scoppiò, tutti s'interessavano del Chiapas. Ci
andò persino Fausto Bertinotti, ribattezzato "subcomandante Fausto",
quand'era presidente della Camera. Ci andarono Gabriel García Márquez, Eduardo
Galeano e Noam Chomsky.
Il governo messicano, invece, s'impegnò fin dall'inizio a
svelare l'enigma, nella convinzione che se fosse riuscito a dare una faccia al
cavaliere errante che dava voce agli esclusi, avrebbe ridotto l'impatto mediatico
delle sue idee fino a renderlo prosaico. Si mosse l'intelligence e si pagarono
spie e traditori, finché, nella primavera del 2001, il segreto sulla sua
identità cadde. Marcos, che si faceva chiamare "sub", cioé
"sotto", perché il vero potere risiede nel popolo e non nel
comandante, era un ex studente, e poi professore associato di filosofia,
dell'Università più famosa della capitale messicana, la Unam, quella pubblica.
Si chiamava Rafael Sebastian Guillén, era nato, quarto di otto figli, a
Tampico, nello Stato di Tamaulipas, il 10 luglio del 1957. Proveniva da una
famiglia di media borghesia, i suoi genitori possedevano alcuni negozi di
mobili, e aveva anche due sorelle molto impegnate in politica. Ma dalla parte
sbagliata, nel Pri, il partito del governo. Poi si scoprì che aveva vissuto in
Europa e che aveva lavorato al Corte Inglés, la catena di grandi magazzini
spagnoli, dai quali era stato licenziato perché vendeva i prodotti ad un prezzo
inferiore a quello riportato dall'etichetta. Robin Hood fin da giovanissimo
prima di incontrare il suo destino nella difesa degli ultimi indigeni
messicani.
Lo scrittore Manuel Vázquez Montalbán, che viaggiò diverse
volte in Messico per incontrarlo, raccontava che Marcos era ghiotto di salame
catalano e gli chiedeva sempre di portargliene un po'.
A quei tempi Marcos interveniva su tutto e aveva relazioni
epistolari con gli intellettuali di sinistra d'America e d'Europa, iniziando
sempre le sue lettere con una data molto evocativa che faceva sognare:
"dalle montagne del sud est messicano". Pubblicava libri di favole
per bambini e un romanzo poliziesco, scritto a quattro mani con Paco Taibo II, Morti scomodi. Poi cominciò a svanire tra l'ombra e l'oscurità
della selva. Le sue dichiarazioni si diradarono e nel 2007 annunciò che avrebbe
smesso di parlare per un po'. I rumors dicevano che era gravemente malato, che
aveva un cancro ai polmoni, che forse era anche già morto. In realtà, ma questo
si seppe dopo, aveva contratto una malattia dell'apparato respiratorio tipica
di chi vive a lungo nella selva ed era peggiorata la sua asma. Per molti anni non
si seppe più nulla del subcomandante, fino al 2014, quando riapparve in
pubblico per annunciare che Marcos non esisteva più, che lui non era più il
portavoce degli zapatisti e che aveva cambiato nickname in onore di un compagno
morto e adesso si chiamava Galeano. Del personaggio di Marcos disse che era una
"marionetta grottesca" e che non era più necessario. Confessò che la
conquista di San Cristobal de las Casas nel 1994 fu frutto di una
improvvisazione, così come l'idea del passamontagna, e che non aveva mai
pensato di diventare quel che diventò. Poi scomparve di nuovo. La sua ultima
apparizione pubblica risale al maggio dell'anno scorso quando partecipò ad una
cerimonia in ricordo di Luis Villoro, filosofo messicano suo amico morto
qualche mese prima. Le uniche cose certe che si sanno di lui è che ha una
figlia, Mariana, che vive a Parigi, e una compagna, Silvia Fernandez, militante
zapatista. In fondo, come voleva Danielle Mitterrand, il segreto è ancora
intatto. Lo possiedono gli indios del Chiapas che in questi vent'anni hanno
conquistato molta autonomia anche se qualcuno dubita che fosse la strada giusta
contro l'emarginazione.