domenica 1 aprile 2018

Oro, parcheggi, Patria y Familia. Il clan Franco divide Madrid (Il Venerdì di Repubblica, 23/02/2018)








Omero Ciai


Dai Panama papers ai numerosi parcheggi sotterranei nel centro di Madrid, non è poi così difficile seguire la pista della fortuna molto sostanziosa - fino a oltre 600 milioni di euro - posseduta dagli eredi di Francisco Franco, il generale che vinse la Guerra civile (1936-39) e che impose una dittatura che durò quasi quarant'anni. Ma la morte della sua unica figlia, Carmen Franco, scomparsa a 91 anni il 29 dicembre scorso, ha riacceso in Spagna le polemiche sul "bottino di guerra" a spese dello Stato, e non solo, da cui quel patrimonio nacque. L'oggetto oggi più conteso è il Pazo de Meirás, un castelletto in stile romanico con due grandi torri, un edificio centrale, e tremila ettari di parco, che si trova presso Sada, un comune di 15 mila abitanti in Galizia. Il comune di Sada ha dichiarato gli eredi di Franco "personae non gratae" e ha lanciato, con petizioni popolari e l'appoggio dei partiti locali, una campagna per la restituzione al patrimonio pubblico del Pazo de Meirás. Il "Pazo" è frutto di un saccheggio. Il proprietario venne fucilato all'inizio della Guerra civile dai falangisti e in seguito le autorità franchiste offrirono il castello al Caudillo come residenza estiva. Ma il colpo grosso di Carmen Polo, la moglie del dittatore, fu farsi regalare dal Comune di Santiago de Compostela due statue del XII secolo che facevano parte del Portico della Gloria della Cattedrale. Le statue rappresentano Abramo e Isacco e, ancora oggi, nonostante le numerose richieste di restituzione, sono conservate nel Pazo.  

Le proprietà immobiliari della famiglia - i sette figli e i quattordici nipoti di Carmen Franco - si estendono per tutto il Paese. Da La Coruña, capitale della regione autonoma della Galizia, dove possiedono un antico palazzo del XIX secolo, Casa Cornide, valutato 5,5 milioni di euro, anch'esso donato al dittatore dalle autorità comunali, fino a Madrid, a Marbella, a Cordova o nelle Asturie, e poi nelle Filippine - per l'amicizia con il dittatore Marcos - e a Miami. Nel suo saggio sul clan familiare ("Los Francos, S.A."), lo storico Mariano Sánchez Soler, ha censito, tra immobili e terreni in Spagna, 22 grandi proprietà, esclusi i numerosi parcheggi sotterranei della capitale. Il quartier generale dei Franco è il palazzo di calle Hermanos Bécquer numero 8, nel prestigioso quartiere di Salamanca a Madrid. Ma la proprietà che ha dato più soddisfazioni agli eredi è stata la tenuta di Valdefuentes, a Arroyomolinos, a sud di Madrid. Dieci milioni di metri quadrati di verde dove il dittatore andava a caccia che, trasformati in edificabili, sono diventati una delle grandi speculazioni immobiliari del nuovo secolo con tremila abitazioni, un grande centro commerciale e tre poligoni industriali. 

Il personaggio più importante del clan è Francis Franco. Quando nacque, primo maschio del matrimonio fra Carmen Franco e Cristobal Martinez Bordiù, nel dicembre del '54, suo nonno impose che i suoi cognomi fossero invertiti affinché il suo potesse sopravvivergli dopo la morte. Oggi Francis, 64 anni, amministratore o consigliere in mezzo centinaio di società della famiglia, contende il titolo di duca alla sorella Carmen Martinez-Bordiú, la primogenita, starlette dei programmi di gossip in tv e pecora nera del clan. Il titolo aristocratico venne concesso da re Juan Carlos alla moglie di Franco, Carmen Polo, dopo la morte del dittatore, alla fine del 1975. Considerando che all'inizio della Guerra civile spagnola il patrimonio di Franco era il suo stipendio di capitano generale dell'Esercito, ossia 30mila pesetas all'anno (180 euro), il salto del tesoro di famiglia è davvero notevole e, nella maggioranza dei casi, ottenuto a spese del bene pubblico. 

Ma secondo Mariano Sánchez Soler una parte del tesoro è anche ignota. E c'è un episodio che ne rivela dettagli. Nel 1978 Carmen, l'unica figlia di Franco, venne fermata alla frontiera mentre si recava in Svizzera con 31 medaglie d'oro e alcuni colliers di diamanti. La cosa fece scandalo e lei si giustificò sostenendo che non voleva nasconderli in un caveau blindato svizzero ma usarli per farci un orologio. Ma era anche la prima volta che la fermavano perché prima di quella data, lei e suo marito, viaggiavano con passaporto diplomatico che persero con la transizione alla democrazia nel '77. Nel suo libro Sánchez Soler ricorda due circostanze che sicuramente contribuirono alla formazione di una ricchezza segreta frutto di una razzia ben articolata. La prima era il terrore con il quale i gioiellieri di Spagna ricevevano notizia di una visita del dittatore nella loro città. La signora Franco, meglio nota al popolo come "doña collares" (signora dei collari), per le ricche collane che amava indossare, era solita entrare nelle gioiellerie e dimenticarsi di pagare gli acquisti. Tanto che era consuetudine tra gli orefici di Spagna partecipare a una colletta per rimborsare il collega malcapitato. La seconda era invece una regola stabilita dal regime. Come un sovrano medievale, Franco pretese che ogni martedì, tutte le settimane, quando riceveva in udienza al palazzo del Pardo, chi andava a trovarlo portasse dei regali. Oro, argento, tappezzerie, insegne, medaglie. Erano autorità comunali, associazioni, club sportivi, società industriali, congregazioni cittadine. Tutti vogliosi di manifestare con preziosi regali la loro inviolabile adesione alla dittatura. Ogni martedì per quarant'anni. Grazie a Zapatero e alla legge sulla "memoria storica" le statue di Franco e le vie dedicate alla dittatura sono state infine cancellate ma il tesoro saccheggiato e posseduto dagli eredi resta intoccabile. 


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