sabato 27 aprile 2013

intervista yoani sanchez repubblica 27 aprile 013

SABATO, 27 APRILE 2013
 
Pagina 19 - MONDO
 
Il personaggio
 
“Questo regime ha i giorni contati la mia Cuba è pronta a risorgere”
 
La blogger Yoani Sánchez, icona del dissenso nell’isola di Castro
 
 
 
 
OMERO CIAI

«CHE bello respirare». Yoani Sánchez arriva in Italia. La blogger cubana domani sera sarà a Perugia per il Festival del giornalismo. Poi Torino, Monza: tre rapide tappe nel suo vorticoso giro del mondo iniziato in Brasile il 18 febbraio scorso. «Sono felice e confusa — dice —. In poche settimane ho incontrato Mario Vargas Llosa, i deputati del Congresso Usa, ho visto New York e ho potuto abbracciare tutti quelli che mi hanno sostenuto in questi anni. Mi sembra di avere milioni di amici».
Quante volte ha chiesto il permesso d’uscita prima di ottenerlo?
«Negli ultimi dieci anni venti volte, le ho contate».
Adesso ha paura di tornare sull’isola?
«Temo che possano vendicarsi con me, screditarmi e calunniarmi di fronte ai miei concittadini. Ma soprattutto temo per mio figlio Teo che ha quasi diciotto anni e che ad agosto entrerà nell’esercito per fare il servizio militare obbligatorio. Non l’aiuterà essere mio figlio».
Ha mai pensato che potrebbero impedirle di rientrare all’Avana?
«Si, ma la riforma migratoria approvata da Raúl parla chiaro: un cubano può stare fuori dal paese anche più di due anni, conservando il diritto a tornarci. Io ho lasciato l’isola poco più di due mesi fa. Comunque se speravano che restassi all’estero li deluderò. Il mio futuro è a Cuba, se non mi lasciassero rientrare sarei il primo
balseroal
rovescio, proverei a raggiungere l’isola su una zattera ».
Bahia, New York, Washington, Miami, Lima, Praga, Madrid: in poche settimane ha visitato molte città, quale l’ha impressionata di più?
«La verità è che ogni volta che arrivo in un luogo nuovo penso che sia il posto più bello dove sono stata, sono sicura che mi succederà lo stesso anche con l’Italia ».
A Miami ha incontrato gli esuli cubani, com’è andata?
«Sono rimasta molto colpita dalla pluralità di opinioni. Essendo cresciuta con la propaganda castrista avevo anch’io un’immagine distorta dell’esilio. La “mafia cubana”, come dice Fidel Castro, i
gusanos.
Invece ho incontrato tanti giovani senza spirito di rivalsa».
L’embargo americano andrebbe
abolito?
«Assolutamente sì. Soprattutto perché è inutile e perché è il
grande pretesto del regime. Giustifica tutti i mali di Cuba. Poi anche perché è solo apparenza. Tutti i giorni a Cuba mangiamo polli congelati cresciuti in America. Gli Stati Uniti sono uno dei principali soci commerciali dell’isola
ormai».
Come giudicherebbe l’avvio di un negoziato fra Raúl Castro e Barack Obama per ristabilire le relazioni fra i due paesi?
«Dovrebbe essere un tavolo a
quattro. Raúl Castro non è stato liberamente eletto dai cubani e ad un eventuale negoziato dovrebbero partecipare anche rappresentanti dell’esilio e della società civile di Cuba».
È ottimista sul futuro dell’isola?
«Credo che si stiano avvicinando nuovi tempi e per molte ragioni. La generazione della rivoluzione che è ancora al potere è ormai molto anziana e a Cuba
sta risorgendo la società civile. Giornalismo indipendente, blog, iniziative, voglia di libertà. Poi con la morte di Chávez c’è la crisi del sostegno venezuelano, un elemento decisivo che, se viene meno, costringerà il regime a scelte importanti. Infine l’apertura che ci siamo conquistati. Fino a qualche anno fa era impossibile raccontare l’isola dal di dentro. La tecnologia ci protegge».
Non la stupisce che l’opposizione cubana in Europa sia accolta sempre con più attenzioni dalla destra piuttosto che dalla sinistra?
«È tristissimo. A Madrid i deputati della Izquierda Unida si sono rifiutati di partecipare all’incontro con me in Parlamento. È incomprensibile perché una parte della sinistra che dovrebbe essere a favore della società civile, dei diritti, della libertà, difende un regime autoritario, tirannico, arrogante e gretto».
Le riforme di Raúl Castro sono state interpretate in Europa come l’inizio di una svolta, cosa ne pensa?
«Oggi penso al regime come alla parabola della casa nell’Avana vecchia, la conosce? Dice così: la vecchia casa è in rovina, i muri sono scrostati, le finestre sbilenche, le scale rotte, la porta non si chiude. Tutto tranquillo finché un giorno il suo proprietario non decide di iniziare a riformarla. Ma appena mette la chiave nella serratura crolla tutta la casa».
È la differenza fra Fidel e Raúl Castro.
«Appunto, Fidel sapeva che il sistema non era riformabile. E conservava il potere grazie alla repressione e al suo carisma. Raúl per farsi accettare è stato costretto a inserire alcune riforme con l’obiettivo di mantenere il potere ma il regime gli cadrà sulla testa».
Quando tornerà a Cuba e cosa farà?
«Torno prima della fine di maggio e farò la giornalista, ormai è la scelta della mia vita: vorrei fondare un giornale, un giornale vero che parli alla gente e che possa sopravvivere alla fine del castrismo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nessun commento: