sabato 3 maggio 2014

Il presidente Correa e i figli del giaguaro (repubblica 1 maggio 014)







HA un bel problema Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, sempre un po’ muscoloso con gli avversari politici. “I figli del giaguaro” si sono messi contro di lui e, visti i precedenti, rischiano anche di vincere la nuova contesa. Tre condannati per oltraggio al Capo dello Stato si sono rifugiati nella zona protetta amazzonica dei Sarayaku, comunità di indios nativi, noti appunto come i “figli del giaguaro” per la loro audacia e determinazione. E soprattutto famosi per aver vinto due anni fa una interminabile causa giuridica contro le multinazionali del petrolio, pronte a perforare la “Pachamama”, l’intoccabile “Madre Terra” dei loro avi, in cerca di nuovi giacimenti di greggio. L’assemblea Sarayaku s’è riunita e ha deliberato che “per rispetto dei diritti umani” i tre ricercati avranno tutta la protezione necessaria all’interno della riserva nonostante il presidente Correa abbia ordinato a polizia e esercito di arrestarli al più presto.

Ora la situazione è di stallo: gli indios denunciano via radio che il loro territorio, 3mila km quadrati nel sud-est del Paese, viene sorvolato da aerei militari e che le Forze armate stanno circondando i limiti della loro area, ma si rifiutano tenacemente di consegnare i tre fuggiaschi. Politicamente è un gran guaio perché i tre non sono delinquenti comuni. Uno è un deputato, Clever Jimenez; un altro è un giornalista, Fernando Villavicencio; l’ultimo è un medico, Carlos Figueroa. La vicenda risale a tre anni quando fa Jimenez, deputato di un partito oppositore, chiese alla magistratura di indagare sul comportamento del presidente nel corso di una rivolta di agenti di polizia che chiedevano aumenti salariali. Correa ci rimase male, denunciò a sua volta Jimenez e, qualche mese fa, ha vinto la causa. 

Jimenez e Villavicencio sono stati condannati a diciotto mesi, Figueroa a sei, e tutti e tre a risarcire 140mila dollari per danni morali.
Il territorio dei Sarayaku è facile da raggiungere solo per via aerea. Dall’ultima città prima della foresta amazzonica, El Puyo, ci vogliono due o tre giorni di navigazione lungo i fiumi; oppure otto giorni di viaggio via terra. Ma c’è di più: è un’area in- violabile, dove Forze armate e polizia non possono entrare neppure per insediare i seggi elettorali, grazie anche alla nuova Costituzione voluta da Correa. Loro sono un popolo guerriero — immortalato in un film di Amnesty, Children of the jaguar — celebre per le sue battaglie: prima delle compagnie petrolifere cacciarono dai loro villaggi i missionari cattolici e i soldati dell’Ecuador. E ne vanno fieri: «Siamo il popolo del mezzogiorno, il popolo del Sole più alto. Altri sono stati sottomessi ma Sarayaku non cadrà. Sarayaku resisterà», recita la loro canzone ancestrale.

Jimenez e i suoi due collaboratori hanno presentato ricorso per la condanna presso la Corte interamericana dei diritti uma- ni ma nei Sarayaku hanno tro- vato un alleato che può compli- care i progetti di Correa. Presi- dente dal 2007, molto vicino al movimento bolivariano di Hu- go Chávez, Correa è considera- tounodeileaderdel“socialismo del XXI secolo”. E accusato in patria, come lo fu Chávez, di vo- ler imporre nel suo paese un nuovo regime. Non è peraltro nuovo nel ricorrere ai tribunali — che l’opposizione critica co- me sottomessi alle volontà del presidente — per dirimere le dispute politiche. Oltre ai tre rifugiati nella foresta, querelando per diffamazione ha portato alla sbarra un giornale, El Universo, e compare come vittima in un’altra ottantina di procedi- menti giudiziari. Tanto che, sia la Commissione interamericana per i diritti umani, sia l’organizzazione Human Rights Watch, hanno pubblicato dossier segnalando inquietudine per la libertà d’espressione in Ecuador.

Adesso i “figli del giaguaro” hanno scompaginato la scena offrendo “asilo” ai tre condannati. Mandare l’esercito ad arrestarli non è praticabile, soprattutto dal punto di vista dell’immagine. Correa spiega che si tratta di tre fuggiaschi e che i Sarayaku, proteggendoli, sfidano le leggi dello Stato. «Cosa può accadere — riflette il presidente — se qualsiasi comunità si considerasse depositaria di un’autorità tale da disobbedire alla Giustizia?». Un precedente inaccettabile. E anche un guaio bello grosso. 

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