OMERO CIAI
MIAMI. L'ultimo a passeggiare sullo scintillante lungomare
di South Beach, in Florida, è stato Josué, il figlio più piccolo del generale Abelardo
Colomé Ibarra. Guerrigliero sulla Sierra, oggi Ministro degli interni, membro
del ristretto Burò politico del partito comunista, e uomo di Raúl, Abelardo Colomé Ibarra, detto
"Furry", 75 anni, è uno dei tanti grandi dinosauri del socialismo
tropicale con prole all'estero, lontana dalle indigenze dell'isola dei fratelli
Castro. Qualche tempo fa, suo figlio Josué
Colomé Vázquez
ha preso un aereo dall'Avana a Cancun, in Messico, ha attraversato la frontiera
con gli Stati Uniti, chiesto asilo, e raggiunto sua madre, Suri Vázquez
Ruz, ex moglie di "Furry", che vive in esilio a Miami da alcuni anni.
Poi Josué ha postato sulla sua pagina Facebook una sua foto sull'Ocean drive di
Miami Beach accanto a una Ferrari e in un bar davanti a un frullato, sorridente e felice. "Josué è
stato sempre molto legato a sua madre" - confidano nella abbondante, e
ormai anche molto variegata, comunità cubana di Miami: oltre un milione di
anime che vivono nel lembo capitalista dello Stretto della Florida - "e
alla fine ha scelto di raggiungerla". Ma lo stesso hanno fatto Glenda
Murillo, figlia di Marino Murillo, lo zar a Cuba delle riforme economiche,
fuggita a Tampa, Florida, dopo uno stage di studi in Messico. E Pablo Ernesto
Remirez de Estenoz, 24 anni, figlio di un ex ministro degli Esteri ed ex capo
della delegazione cubana a Washington. E ancora Ernesto Andollo, figlio del
generale Leonardo Andollo Valdés. O Antonio Luzon, figlio di un vicepresidente
del Consiglio dei ministri. E se qualcuno lascia l'isola per amore, come Glenda
che ha raggiunto il suo compagno nonostante la resistenza del padre; altri lo
fanno per insofferenza e avversione.
Ernesto Andollo ha postato sul web una foto mentre in un museo delle cere
stringe il collo a una statua di Fidel Castro, e Pablo Remirez una sua immagine
davanti al "Versailles", il famoso ristorante tempio dell'anticastrismo
negli Stati Uniti.
La diaspora cubana non è una novità ma la lista di familiari
della nomenclatura che, nonostante i privilegi di cui godono sull'isola, scelgono
di andarsene, è così nutrita da lasciar credere che ai nipotini della rivoluzione
del futuro socialista importi davvero poco. "Bisogna distinguere - dice lo
scrittore cubano in esilio Norberto Fuentes - perché alcuni vanno all'estero a
studiare, o a fare affari, e nei progetti del regime saranno la nuova classe
dirigente, quelli che dovranno perpetuare il castrismo dopo Fidel e Raúl.
Altri invece rompono". Fra quelli che tagliano i ponti, un esempio è Juan
Juan Almeida, figlio del comandante Juan Almeida Bosque, morto nel 2009, che
oggi lavora nell'odiata America per un network anticastrista,
"Martinoticias". Mentre sull'altro fronte si può citare la nipote di
Castro, figlia del primogenito Fidelito,
Mirta Castro Smirnova, laureata in fisica nucleare in Spagna, dove risiede,
quando ancora per la maggior parte dei cubani era vietato uscire dall'isola. Altri ancora si muovono con discrezione, come
pesci sott'acqua. Senza dare troppa pubblicità a quella che nelle fila del
castrismo può essere ancora oggi bollata come "diserzione". E' il
caso di Lourdes Argivaes, nipote di Celia Sanchez - la potentissima segretaria
di Castro nei primi anni della rivoluzione - , e ex moglie di uno dei figli di
Che Guevara, che vive a Marbella in Spagna. E di Deborah Andollo, anche lei
come il già citato Ernesto, figlia del generale Andollo Valdés, che lavora in
un acquario con i delfini sull'isola di Cozumel, in Messico.
"La rivoluzione - ha scritto la giornalista americana
Ann Louise Bardach - ha frantumato le famiglie cubane provocando scontri fra
cugini, zii e zie, fratelli, sorelle e padri". Una tragedia greca alla quale neppure la
famiglia del líder maxímo è stata estranea. Suo cognato, il fratello della sua prima
moglie, Mirta, la madre di Fidelito, e suo amico alla facoltà di Giurisprudenza
negli anni dell'Università, Rafael Diaz-Balart, si esiliò in Florida e divenne
un acerrimo nemico dei "barbudos". Sua sorella, Juanita, lasciò Cuba
per gli Stati Uniti e lavorò addirittura per la Cia. Come la sua famosa figlia
illegittima, Alina Fernandez Revuelta. Lontano da Cuba vivono anche i figli e i
nipoti di Ramon Castro Ruz, il fratello maggiore di Fidel e Raúl. Ma
erano altre epoche, oggi quelli che se ne vanno sono gli eredi più giovani di
coloro che conservano da oltre mezzo secolo il potere sull'isola. Come la
giovane caporedattrice del "Granma", il quotidiano del partito,
Mairelys Cuevas Gomez, o il figlio dell'ex direttore Lazaro Barredo. A
spingerli lontano, loro che in un regime quasi monarchico potrebbero facilmente
succedere ai padri, sarà forse la noia, la monotonia, il grigiore
socialcomunista, come giustificò la sua defezione la scrittrice Zoé Váldes
dopo l'opera prima, "Il nulla quotidiano", appunto. Oppure
l'irrequietezza giovanile, quella che anima uno degli ultimi scandali di Cuba
dal punto di vista del sistema, con il figlio, "Silvito el libre", di
un mostro sacro della retorica rivoluzionaria, come il cantautore Silvio
Rodriguez, che se ne va in giro per il mondo a suonare rap contro il socialismo.
"Amo mio figlio qualsiasi cosa pensi", ha detto Silvio Rodriguez per
proteggerlo dalle ire dei censori.
Ma vivono all'estero anche i figli di uno dei generali della
linea dura, Ramiro Váldes, plenipotenziario della strategica missione nel Venezuela
di Chávez
e Maduro, e oggi numero tre del regime. Ramirito, che ha rotto con il padre e
vive a Palencia, in Spagna, e Agustin. E quello di uno degli intellettuali più
vicini a Fidel, lo storico e urbanista Eusebio Leal, che risiede a Barcellona e
dipinge. In America vivono i figli di Isabel Rodriguez Lopez-Callejas, sorella
di Luis Alberto, il marito della figlia maggiore di Raúl, Deborah, generale
dell'esercito e uno dei manager più influenti nelle industrie di Stato gestite
dalle Forze armate. Ma anche Margarita, la figlia di Ricardo Alarcon, per
vent'anni presidente del parlamento cubano, e a lungo indicato come delfino e
successore di Fidel. E Camila, la figlia di Manuel Piñero, al secolo
"Barbaroja", l'uomo che gestì dall'Avana tutte le guerriglie
sudamericane filo castriste, che ha sposato un americano. E' un'onda, questa
dei "figli di papà", che non si ferma e che in Florida, tra gli
esponenti del vecchio esilio, quello degli anni Sessanta e Ottanta del secolo
scorso, quando dall'isola fuggivano solo gli oppositori, sta creando qualche
malumore verso il governo americano. "Stanno offrendo asilo ai figli dei
repressori", sussurra più d'uno.
Vasta è anche la comunità dei figli degli eroi caduti in
disgrazia. Risiedono all'estero, fra Miami e Madrid, Ivan, Lily e Juan Carlos,
figli di José Abrantes, ministro degli interni morto in carcere nel '92. Diana
Ochoa, figlia del generale Arnaldo Ochoa fucilato nell'89. Ileana e Antonio de
la Guardia, figli di Tony, un capo dell'intelligence giustiziato insieme ad
Ochoa. Jorge Masetti, figlio di Ricardo Masetti, il giornalista amico del Che,
che fondò l'agenzia di stampa cubana, Prensa Latina. E Liset Ulloa, ex moglie
di Antonio Castro, detto "il principe", figlio favorito di Fidel. Ma
tra i fuggitivi in cerca di un diverso futuro, più o meno tollerati dall'Avana,
ci sono figli di militari, ex ambasciatori, funzionari, noti e ignoti nelle
gerarchie della burocrazia cubana. Tutti in attesa di un epilogo. Se mai ci
sarà.
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