giovedì 26 aprile 2012

Axel Kicillof, il cervello dell'esproprio Repsol in Argentina (Rsera 25 aprile 2012)


Affascinante, loquace e secchione, con la camicia sempre aperta, senza cravatta, e le basette alla Elvis Presley, Axel Kiciloff è il nuovo viceministro del governo argentino preferito dalla  “presidenta” Cristina Kirchner. E’ lui il vero cervello dell’operazione di esproprio e nazionalizzazione della filiale argentina della compagnia petrolifera spagnola Repsol che ha aperto una guerra commerciale con Madrid e fatto rimbalzare l’Argentina, come ai tempi del default del 2001, tra gli osservati speciali delle istituzioni economiche e finanziarie internazionali. Quarant’anni, economista, laureato con una tesi sull’opera di John Maynard Keynes, sposato, due figli, Axel Kiciloff – ma per gli amici è solo “Ax” – è diventato viceministro dell’economia a dicembre dopo il rimpasto di governo seguito alla storica vittoria di Cristina Fernandez de Kirchner nelle presidenziali di ottobre dell’anno scorso. 54 percento dei voti e maggioranza assoluta in Parlamento. Ax si vanta di aver “ipnotizzato” Cristina qualche anno fa. Il giorno in cui Maximo, il figlio di Cristina e Néstor Kirchner (l’ex presidente morto d’infarto nel 2010), lo presentò alla madre prima di raccomandarlo come gerente della compagnia aerea, le Aerolines Argentinas, rinazionalizzata. Dalle Aerolineas Ax è saltato nel governo ed oggi è uno dei pochi collaboratori di Cristina che ha accesso diretto al suo ufficio nella Casa Rosada a Buenos Aires e si muove a suo agio nel cosiddetto “circolo di ferro” della “presidenta”. Nell’esproprio di YPF, la filiale di Repsol, ha tolto la scena agli altri ministri presentandosi davanti al Parlamento per difendere il decreto e alle riunioni con i presidenti delle Banche argentine coinvolte nell’affare.
Figlio di due psicanalisti (uno sport nazionale in Argentina, paese che vanta il maggior numero procapite di seguaci di Freud e Jung), Alex Kicillof è cresciuto nella tipica famiglia intellettuale e benestante di origine ebrea di Buenos Aires. Ha frequentato ottimi collegi privati e si è formato in un ambiente politicamente di centrosinistra, per niente religioso, e neppure peronista. Nonno paterno industriale e tutti gli anni vacanze al mare in Uruguay come qualsiasi rampollo delle classi medio-alte. Due fratelli; un maschio più grande, Nicolàs, che lavora come manager della Microsoft di Bill Gates negli Stati Uniti, e una sorella più piccola, Irene, psicologa come la mamma. Negli anni dell’Università fondò un’associazione di giovani economisti di estrema sinistra, la Tnt (Tonti ma non troppo). Poi carriera universitaria e qualche libro, finché quello che oggi qualche giornale vicino alla Kirchner definisce addirittura “il Kennedy d’Argentina” non andò nel 2008 a scuola a Caracas da Hugo Chàvez mentre il presidente bolivariano era impegnato nella nazionalizzazione di una succursale della Techint, la multinazionale italo-argentina dell’acciaio.
Fulminante poi fu l’incontro con Maximo Kirchner e con “La Campora”, il gruppo politico dell’èlite peronista fondato dal figlio di Néstor e Cristina nel 2003. Il nome s’ispira ad Hector Campora, l’uomo che nel 1973 guidò il movimento peronista, appena legalizzato, mentre Peròn era in esilio a Madrid e divenne presidente per 43 giorni prima che il generale tornasse in patria acclamato dal popolo.  Campora, al contrario di Peròn, era il leader dell’ala sinistra del peronismo, quella vicina ai Montoneros.  Così oggi i giovani della Campora sono affascinati dall’idea della “patria grande” latinoamericana, predicano la cosiddetta “sovranità industriale” (niente multinazionali in Argentina), difendono i diritti umani, i sindacati e la giustizia sociale. Dopo la morte di Néstor Kirchner è ai giovani intellettuali guidati dal figlio Maximo che s’è appoggiata Cristina per costruire il nucleo duro dei “talebani” del suo governo. Ed è in questo crogiuolo politico, dove Ax “l’economista che sfugge le cravatte come la peste” si è costruito la sua leadership, che è nata l’idea dell’esproprio di Repsol come soluzione per i guai energetici dell’Argentina. Isolata dai mercati del credito internazionale per il default del 2001 Cristina (e l’Argentina) non  può permettersi di importare petrolio come è stata costretta a fare nel 2011 per sostenere la domanda interna di energia. Da qui l’accusa a Repsol di non investire abbastanza nella produzione di greggio nazionale di YPF e il colpaccio di Kiriloff che adesso dovrà affrontare la sfida: rendere l’Argentina non solo “padrona delle sue risorse energetiche” ma anche autosufficiente.

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