lunedì 27 febbraio 2012

ISLA ROBINSON, 7 marzo 2010

Cile, nell'isola di Robinson Crusoe
"In salvo dallo tsunami nelle sue grotte"
L'isola che ispirò il romanzo di Defoe coltiva con cura il proprio mito e i tesori nascosti. Martina mostra con orgoglio le foto sui giornali: è stata lei a dare l'allarme e salvare il villaggio
dal nostro inviato OMERO CIAI


ISLA ROBINSON (Cile) - Lui, Robinson Crusoe, si sarebbe salvato dal maremoto che ha strappato dall'isola quasi metà del villaggio di San Juan Bautista, nella baia di Cumberland. È l'alba, quando arriviamo dopo due giorni di viaggio in mare da Valparaiso.

E la prima luce del sole illumina proprio le cinque grotte di Robinson che ricordano quell'avventura sulla collina al di sopra della spiaggia. Le onde da venti metri dello tsunami di sabato 27 febbraio hanno solo sfiorato il costone della collina trascinando via tutto quello che c'era sotto: settanta case di legno e sedici persone, quattro delle quali bambini. La maggior parte dei 600 abitanti dell'isola, invece, sono riusciti a salvarsi correndo verso la collina o seguendo l'esempio di Robinson che, trecento anni fa, costruì il suo rifugio lontano dal mare, in alto, nei boschi di cipressi ed eucalipti.

Per scrivere il suo leggendario romanzo, Daniel Defoe si ispirò ad un libro di viaggi del capitano Cooke, pubblicato nel 1712, nel quale si narrava la storia vera di un marinaio scozzese, Alexander Selkirk, che sopravvisse da solo su quest'isola del Pacifico fra il 1704 e il 1709. Al personaggio Robinson, la sceneggiatura di Defoe regalò un compagno d'avventure, il selvaggio Venerdì, i cannibali, i pappagalli da addestrare e lo costrinse sull'isola per oltre ventisette anni contro i poco più di quattro della vicenda reale del marinaio scozzese. Ma l'idea originaria è quella e ancora oggi Isla Robinson ne conserva le tracce.

Se
le grotte di Robinson sono intatte, la sua statua non ha avuto la stessa fortuna. A pochi metri dal molo c'è quel che ne resta, appena il basamento con le gambe amputate. Il suo busto, la testa con la folta barba protetta dal famoso cappello tondo di pelle di capra che si vede in tutte le illustrazioni di Robinson/Selkirk, se ne sono andati per sempre. Tutt'intorno nient'altro che detriti. Assi di legno spezzate, una vasca da bagno, una piccola macchina per fare il pane, qualche cd, un pallone verde, stivali impermeabili, due poltrone di cuoio, quaderni. Chamorro, un pescatore d'aragoste che aveva costruito la sua casa con legno e bottiglie di vetro, rievoca la violenza del mare. Anche lui si è salvato correndo verso il bosco, ma adesso si dispera per non aver avuto il tempo o la freddezza necessaria ad acciuffare il suo cucciolo di setter, inghiottito dall'acqua insieme a tutte le sue cose.

Lo tsunami ha cancellato il faro, la chiesa, il campetto di calcio, l'edificio della capitaneria di porto, quello del sindacato dei pescatori, la scuola elementare, la casa del sindaco, il comune, e la locanda di Ximena Green, la più nota dell'isola. Anche il cimitero in fondo alla baia è distrutto. Le lastre di marmo sono rotolate verso valle, spaccandosi. Più in alto ci sono otto nuove tombe. Su quella di Maite, tredici anni, ci sono due palloncini da circo intrecciati a forma di giraffa, arancione e blu. Lei, Matthias, sette anni, e Joaquin, otto compiuti a febbraio, non hanno avuto la stessa fortuna di Martina, la bimba, figlia del carabiniere Luis Maturana, che alle quattro del mattino del 27 febbraio ha suonato il gong svegliando il villaggio pochi minuti prima delle onde.

La sua casa di fronte al mare non c'è più, ma ora lei non sta nella pelle dalla felicità. Scruta la sua foto sui giornali e sorride contenta come l'eroina di una favola a lieto fine, la sua. L'istinto di ragazzina che le ha fatto prevedere il maremoto ha sottratto all'oceano suo padre, sua madre, e Antonia, la sorella più piccola, ma anche decine di altri abitanti del villaggio.

Crocevia di pirati e galeotti, quest'isola vulcanica del piccolo arcipelago di Juan Fernandez, a 670 chilometri dalle coste cilene, si è chiamata "Mas a Tierra" fino al 1966, quando venne ribattezzata "Isla Robinson" nella speranza che il mito letterario diventasse una risorsa turistica per i suoi abitanti, quasi tutti pescatori d'aragoste. Come nel romanzo di Defoe ci sono perfino il Forte e i cannoni, le capre e i falchi. E nelle sue baie disabitate leoni marini e foche. Ma più che la vicenda dell'avventuroso marinaio e dei suoi selvaggi, nudi e cannibali, quest'ultimo paradiso è diventato famoso per le leggende dei suoi tesori. Corsari come Francis Drake e William Dampier avrebbero usato l'isola come cassaforte lasciando ai posteri mappe, vere o false, di favolosi tesori. Bernard Keiser, un archeologo dilettante americano, ha speso una fortuna setacciandone per più di dieci anni le spiagge e i boschi. Cercava 600 barili pieni di monete d'oro per un valore pari ad alcuni miliardi di dollari. Nonostante la sua tenacia, Keiser non ha conosciuto la gioia di un ritrovamento. Anzi, oggi non può più nemmeno venire in Cile, per via di una storia che di leggendario non ha nulla. Mentre scavava ha conosciuto Rosita, l'ha sposata ed ha adottato i suoi due figli; finché un giorno, qualche anno fa, lei ha preteso la metà del patrimonio e l'ha denunciato. Se torna l'arrestano.

Leopoldo Charpentier, il sindaco, alimenta le favole e si dichiara, insieme a tutti i residenti, discendente di coloni tedeschi, francesi, spagnoli e svizzeri, custode e protettore di tutti i tesori sotterrati nell'isola. Fra le carte più preziose dell'archivio comunale, scomparse dopo lo tsunami, c'erano testimonianze secondo le quali a Isla Robinson sono stati nascosti, insieme ai famosi barili di monete d'oro, dodici anelli papali, la chiave del Muro del Pianto, la Rosa dei Venti e perfino il prezioso collare della moglie di Atahualpa, il re degli Incas.

E la leggenda corre. Tanto che nei giorni prima del disastro c'era una missione di ricercatori francesi convinti di aver individuato al largo dell'isola i resti di un galeone spagnolo naufragato alla fine del '600. Lo tsunami è arrivato mentre preparavano le immersioni subacquee in cerca dell'oro e dell'argento rubato a Potosì. Sull'argomento, Charpentier è drastico. E arriva a sostenere che il maremoto è la punizione divina che ha scacciato gli "invasori" francesi perché si erano rifiutati di accettare un accordo con i residenti sulla destinazione del tesoro che avrebbero potuto far riemergere dal fondo del mare.

Da anni l'isola di Robinson muove la sua guerra immaginaria contro tutti i cercatori di tesori e, soprattutto, contro il Continente, il governo cileno. La legge prescrive che qualsiasi moneta d'oro venga ritrovata sull'isola debba essere consegnata allo Stato, mentre prevede una regalia, il 25% del valore, solo nel caso in cui chi la ritrova sia uno straniero. È l'illusione che spinge fin quaggiù americani, spagnoli e francesi. Charpentier sorride. "Noi sappiamo dove sono i tesori e saranno dissotterrati solo quando avremo la certezza che nessuno se li porterà via. Vogliamo costruire il nostro museo qui sull'isola".

Quando non sono illuminate dai raggi del sole, le pareti rocciose dell'isola hanno un aspetto un po' lugubre, come tutte le sue leggende. Sul fondale, di fronte alla baia, c'è una nave da guerra tedesca, la Dresden. I suoi marinai l'affondarono nel 1915 mentre erano circondati senza scampo da un gruppo di navi inglesi. Prima, Isla Robinson era stata usata come carcere. Gli spagnoli vi abbandonarono i patrioti dell'indipendenza cilena sconfitti nella battaglia di Rancagua del 1814. Oggi in tutta la baia si vedono soltanto fuochi. Sono i sopravvissuti allo tsunami che bruciano i resti delle loro case polverizzate dall'acqua. Chissà quanti pensano adesso di andarsene come Robinson Crusoe, dopo "ventisette anni, due mesi e diciannove giorni", senza dimenticare "il cappello di pelle di capra, il pappagallo e il denaro che - scrisse Defoe - avevo trovato in una nave spagnola che era naufragata".
(07 marzo 2010) © RIPRODUZIONE RISERVATA

2 commenti:

vivagugu ha detto...

Molto interessante.
Il 22 aprile p,v. mi recherò nell'isola Robinson Crusoè per 4 giorn.
Sono molto contento di questa opportunità
Cordiali saluti

vivagugu ha detto...

Guarda il mio blog su google:
sandrovivan.wordpress.com

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luci e ombre di un'anima