giovedì 29 marzo 2012

andalusia

SABATO, 24 MARZO 2012

Pagina 18 - Esteri

Andalusia, nella roccaforte socialista dove la destra tenta l´ultimo assalto

I Popolari favoriti al voto per il Parlamento autonomo



Domani alle urne anche per scegliere il governatore. La regione da 30 anni feudo della sinistra

OMERO CIAI
DAL NOSTRO INVIATO
SIVIGLIA - Fa un certo effetto vedere Alfonso Guerra, settantadue anni, ex vice presidente del Felipe nazionale e dei governi socialisti che trascinarono la Spagna uscita dal franchismo nella modernità e in Europa, quel Guerra che i giornali chiamavano il "viceré" dell´Andalusia, davanti ad una platea di un centinaio di pensionati e qualche giovanotto nei giardini della Buhaira a ridosso del centro vecchio di Siviglia. Lui e Gonzàlez, la vecchia guardia del partito socialista, sono tornati in campo per difendere la loro storia e quest´ultima frontiera: l´Andalusia che domani vota per eleggere governatore e parlamento autonomo regionale. La posta in gioco è altissima e il risultato oscilla, secondo i sondaggi, fra una molto probabile maggioranza assoluta dei popolari di Mariano Rajoy - che vincendo in Andalusia estenderebbe su tutta la Spagna la "marea blu" del 20 novembre scorso - e un molto meno probabile governo di coalizione fra i socialisti e la Izquierda Unida.
Ultima roccaforte socialista a cadere o primo baluardo della resistenza alla nuova egemonia conservatrice: è per questo che il voto di domani nella regione più popolata di Spagna, patria di tori e prosciutto, terra di braccianti e culla della sinistra iberica, ha assunto un rilievo nazionale.
Peccato che il Psoe - che governa questa regione da sempre, da trent´anni, dalle prime elezioni regionali - arrivi all´appuntamento nel momento peggiore. «C´è un senso di esaurimento del modello, di incapacità di proporre nuove leadership e di stanchezza verso una classe politica corrotta», dice Francisco Garrido, socialista e docente di filosofia. «Anche qui - aggiunge - non saranno i popolari a vincere ma i socialisti a perdere per quelle migliaia di ex elettori di sinistra che si asterranno stufi di ingoiare scelte politiche sbagliate». C´è di più: né Guerra, né Gonzàlez, né Rubalcaba, il segretario nazionale socialista che è sceso a sud a difendere il bastione, amano Griñan, il loro candidato in corsa quaggiù. Scelto in un compromesso tra dirigenti locali e imbrattato dagli scandali dell´amministrazione. Il più importante dei quali è quello dei fondi per la cassa integrazione dei contadini stagionali stornati come finanziamento illecito al partito. Non solo. Contro il Psoe c´è rabbia per il numero di disoccupati più alto del paese (30%) e dalle amministrative del maggio 2011 i popolari già hanno i sindaci di tutte le otto maggiori città andaluse. Hanno conquistato le classi urbane più attive sfruttandone la stanchezza verso un potere clientelare e usurato.
L´unica incognita sull´esito di domani è quello che qui chiamano "il voto della paura". Ossia l´effetto dei primi cento giorni di Rajoy, dell´aumento delle tasse, della riforma del lavoro (molto più drastica di quella proposta in Italia). E di ciò che si minaccia: le centinaia di funzionari regionali che rischiano di perdere il posto per il deficit delle amministrazioni locali; la sanità e l´istruzione - due gioielli dei socialisti andalusi - che rischiano l´asfissia per mancanza di investimenti. La paura, sperano i socialisti, potrebbe fermare la macchina elettorale del Pp lanciata verso la maggioranza assoluta orientando la scelta degli indecisi e riportando alle urne migliaia di elettori che a novembre si sono astenuti per punire gli errori di Zapatero. L´altro tema, quello vero e ideologico del programma dei Popolari, che spinge verso una nuova centralizzazione contro lo Stato federale creato con il ritorno della democrazia, resta ai margini. Incompreso, per ora. L´obiettivo finale di Rajoy è una secolare ossessione della destra spagnola a favore del centralismo di Madrid e della Castiglia contro tutte le autonomie e le culture diverse di questo paese. Se domenica vince, svuotare di contenuti uno Stato federalista che con la crisi diventa sempre più insostenibile economicamente, sarà molto più facile.

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